Ho preso parte alla visita guidata dei laboratori dell’INFN di Legnaro (Padova), organizzata dalla Fondazione Ingegneri di Padova che si è svolta martedì 11 luglio 2023 ed è stata un’occasione per mettere il naso in alcune delle macchine che mi hanno sempre affascinato: gli acceleratori di particelle.
Ho avuto, in passato, l’occasione per vedere da vicino macchine simili, anche se di dimensioni molto, ma molto maggiori, nelle due visite che ho fatto al CERN di Ginevra nel 1993 e nel 2018 (in cui ho visto, rispettivamente, il LEP e l’LHC).
Qui non solo le dimensioni sono più contenute ma sono anche diversi la tipologia e gli scopi di queste macchine. Tuttavia per me il continuo raffronto tra queste due realtà è risultato inevitabile.
Ad illustrare le attività e la strumentazione dei laboratori sono stati tre tecnici, l’ing. Stefania Canella e i dott. Giorgio Keppel e Oscar Azzolini, scienziati dei materiali.
Sommario
Il progetto SPES
Come ha detto nella presentazione il dott. Keppel, i LNL sono un’azienda che eroga un prodotto: fasci di ioni stabili che sono a disposizione 24/7 per chiunque abbia interesse a testare strumenti, macchine o a effettuare studi nell’ambito della fisica nucleare. L’ambito di applicazione è dunque la fisica dei nuclei e le energie prodotte da questi fasci raggiungono al massimo 1.5 GeV, uno scenario di applicazioni completamente diverso da quello del CERN, dove si accede a scale di distanza molto più piccole, con energie molto più elevate.
La facility che abbiamo visitato prende il nome di SPES (Selective Production of Exotic Species) e si occupa di produrre fasci di ioni a diverse energie per diversi tipi di applicazioni, dall’ingegneria dei materiali alla medicina nucleare. Questa facility è fondata sull’utilizzo di alcune macchine acceleratrici. Con il gruppo a cui mi sono aggregato ne ho viste due.
Acceleratori
Gli acceleratori presenti ai LNL sono di tipo lineare (LINAC), ne abbiamo visitati due:
- l’acceleratore di ioni TANDEM basato su un generatore elettrostatico di Van de Graaf
- l’acceleratore di ioni ALPI (Acceleratore Lineare Per Ioni) basato sugli acceleratori lineari a radio frequenza.
Esiste anche un acceleratore circolare, il Cyclotron B70, che però accelera protoni (come il CERN). Questo non è stato oggetto della visita (almeno non del mio gruppo).
Ripassino
Gli acceleratori di particelle sono macchine che accelerano particelle 🙂 Il moto rettilineo uniformemente accelerato di particelle cariche si imprime con i campi elettrici. Infatti una carica q immersa in un campo elettrostatico di intensità \mathbf{E} subisce una forza pari a \mathbf{F} = q\mathbf{E} e, se m è la sua massa, subirà l’accelerazione \mathbf{a} = q/m\mathbf{E} . Supponendo che il campo sia omogeneo e uniforme diretto in una sola direzione, se d è la distanza tra due elettrodi che si trovano sottoposti ad una differenza di potenziale V, l’energia acquisita dalla carica nel percorrere questa distanza sarà pari a qV. L’unità di misura sarebbe joule, ma quando si ha a che fare con cariche piccolissime, dell’ordine della carica di un elettrone (circa 1,6 \cdot 10^{-19}C), è più comodo esprimerla in elettron volt eV: l’energia che acquista un elettrone sottoposto alla ddp di 1 V.
Non si accelerano linearmente particelle cariche con i campi magnetici ma si può tuttavia imprimere loro con questi campi un’accelerazione centripeta e far compiere loro traiettorie circolari (o curvilinee in generale, nel caso di campi non uniformi), in virtù della forza di Lorentz \mathbf{F}_L = q\mathbf{v} \times \mathbf{B} , dove \mathbf{v} è la velocità relativa al campo magnetico \mathbf{B} (gli ingegneri preferiscono chiamarlo induzione magnetica).
Generatore di Van de Graaf
Il generatore di Van de Graaff è un accumulatore elettrostatico, una macchina che trasporta particelle cariche per mezzo di una cinghia rotativa, che preleva per frizione cariche da un elettrodo e le trasporta in un altro elettrodo dove vengono accumulate, creando tra questi due elettrodi un campo elettrico. Se l’intensità del campo elettrico supera il valore di 30 kV/m si possono vedere le scariche dovute alla rottura del dielettrico (l’aria).
Storicamente gli accumulatori elettrostatici si sono diffusi nel XVIII secolo come macchine per divertimento. Erano molto popolari gli scherzi del bacio di Venere o della scossa sulle posate da tavola. Si era imparato a strofinare una superfice di vetro con un panno di lana e appoggiare questo panno su una superficie metallica. Sembrava che un misterioso fluido si depositasse sull’elettrodo. Ben presto vennero costruiti dei dischi rotanti di vetro con un dispositivo che lo strofinava portava la carica su un elettrodo metallico. Si tratta della macchina di Wimhurst e questo è uno degli esemplari esposti al Museo Giovanni Poleni di Padova.
Acceleratore TANDEM
Il TANDEM è stato prodotto a metà anni 80 negli USA dall’azienda fondata dallo stesso Robert Van de Graaff (USA, 1901-1967), la High Voltage Engineering Corporation, e installato presso i LNL.
Il suo funzionamento è fondamentalmente basato su un generatore di Van de Graaff.
Questo acceleratore (chiamato affettuosamente Moby Dick per la sua stazza e per il colore – era bianco e nel corso del tempo è diventato grigio) oltre al nastro e gli elettrodi del generatore di Van de Graaff, è costituito da una colonna coassiale immersa in un sarcofago (che è quello che si vede nell’immagine). Il sarcofago è riempito di esafluoruro di zolfo (SF6, un gas serra per cui viene rigorosamente sigillato) in pressione a 7 bar; all’interno della colonna che costituisce una gabbia di Faraday corre la tubazione a vuoto contenente il fascio, che viene accelerato dal campo elettrico creato dal generatore.
Degli ioni debolmente carichi negativamente (-e), provenienti da una fornace, si affacciano al tubo dell’acceleratore e vengono accelerati con una tensione di 14,5 MV; a metà colonna gli ioni incontrano loro il lungo percorso un sottile foglio di carbonio (stripper) che strappa alcuni elettroni per cui gli ioni, ora carichi positivamente, si affacciano alla seconda metà del tubo dove però incontrano un campo elettrico inverso che li accelera ancor più nella stessa direzione con una forza moltiplicata per il numero di carica. Alla fine dell’acceleratore l’energia del fascio è distribuita su uno spettro piuttosto ampio in quanto la carica degli ioni può andare da -e a -20e, ma è molto superiore all’energia che hanno a metà strada (>> 14,5 MeV).

Distribuzione del fascio e circuito del vuoto
Il fascio viene poi diretto lungo una conduttura in cui è praticato un vuoto spinto (10^{-10}\textrm{ bar}).
Il vuoto è necessario per non compreomettere la qualità direzionale de fascio e per non perdere energia in collisioni inutili con particelle e molecole residue. Il grado di vuoto dipende dalla purezza che si vuole raggiungere nella produzione e trasporto del fascio. Vuoti così spinti si realizzano con tecniche criogeniche più che con l’utilizzo di pompe.
L’impianto del vuoto riguarda tutta la linea di accelerazione e distribuzione ed è controllato da dispositivi elettronici dedicati.

Focusing (focheggiamento) del fascio
Il fascio tende a divergere dalla direzione desiderata per cui occorre ricomporlo con due coppie di magneti (quadrupolo) che agiscono in due direzioni ortogonali tra loro e a loro volta ortogonali alla direzione del fascio, per consentire la convergenza.
Bending (curvatura) e selezione dei fasci
Alla fine della stanza un magnete curva il fascio per indirizzarlo verso la camera degli esperimenti,
dove un ulteriore spettrometro di massa devia i fasci in base alla massa verso target prestabiliti.

Il fascio prodotto da TANDEM viene poi utilizzato direttamente negli esperimenti e in parte viene deviato come fascio di ingresso per l’acceleratore ALPI.
Acceleratore ALPI
L’acceleratore ALPI (Acceleratore Lineare Per Ioni) è molto più complesso e sfrutta una diversa tecnica di accelerazione che è quella delle cavità a superconduttore a radiofrequenza.
Acceleratori a RF
Sono degli array di cavità (drift tubes) in cui vengono iniettati degli ioni iso numero di carica, i quali vengono accelerati da un campo elettrico alternato. Questo tipo di cavità che illustro adesso è detta a mezz’onda e tra breve vediamo perché. Supponiamo che entri uno ione negativo nel primo tubo lungo la direzione +\hat{\mathbf{e}}_x; il campo abbia verso contrario alla direzione dello ione: essendo questo negativo, esso verrà ulteriormente accelerato:
\mathbf{a} = -e/m (-E \hat{\mathbf{e}}_x) = +(eE/m) \hat{\mathbf{e}}_x
La semionda deve mantenersi negativa per tutto il tempo impiegato dalla carica ad attraversare il tubo. Alla fine lo ione accelerato entra nel secondo tubo che prima aveva una tensione positiva, adesso ce l’ha negativa e il campo è ancora accelerante e così via. Ogni tubo è interessato da una semionda, nel senso che lo ione si trova accelerato per tutta la lunghezza dalla stessa semionda del segnale, da cui il nome “cavità a mezz’onda”. Siccome il tempo di percorrenza diminuisce nel secondo tubo, questo dovrà essere leggermente più lungo del precedente. Per velocità relativistiche questa differenza tra un tubo e il successivo tende a zero, ma per gli esperimenti in LNL la velocità v è tale che il fattore \beta = v^2/c^2 è in genere < 1.

Le cavità acceleranti sono costruite in rame purissimo e vengono fatte funzionare a bassisima temperatura per consentire alle pareti interne delle cavita, che sono ricoperte di niobio (Nb), di funzionare in regime di superconduzione. Per questo motivo le cavità risonanti sono immerse in un criostato che consente al Niobio di lavorare ad una temperatura di 4,0 K che è al disotto del sua sua temperatura critica ( o di transizione) che è pari a 9,2 K.
Il regime di superconduttività consente di far funzionare i magneti senza dissipazione di potenza e di ottenere campi più intensi. Il surplus di energia necessario per far funzionare i criostati dà comunque luogo ad un consumo energetico inferiore rispetto al funzionamento a temperatura ambiente. Questa tecnica è usata anche per i magneti del CERN di Ginevra.
La forma delle cavità è come quella di figura
L’interno di quelle ampolle è ricoperto di niobio. In realtà la forma dei moduli è diversa, si tratta di cilindri che lungo un asse orizzontale, ortogonale all’asse del cilindro consentono il passaggio del fascio e lungo l’asse del cilindro consentono l’applicazione del campo elettrico, quindi il passaggio degli elettrodi:
Il cilindro contiene l’ellissoide e il foro trasversale (nella parte inferiore) per far passare il fascio ed è coassiale all’asse di rotazione dell’elissoide. Il foro coassiale con il cilindro invece serve per applicare il campo elettrico. Anche il funzionamento elettrico è leggermente diverso perché funzionano a quarto d’onda, perciò vengono detti QWR (Quarter Wave Resonator). In pratica il campo è postivo per due moduli e l’intensità massima del campo elettrico si ha nella transizione tra un modulo e il successivo.
Viene formato un array di 4 cavità immerse in bagno criostatico di elio liquido e ciascuno con una frequenza di lavoro progressivamente crescente: il primo gruppo lavora a 80 MHz, l’ultimo a 160 MHz (altro modo duale di configurare le cavità: invece di farle più lunghe le fanno lavorare ad una frequenza maggiore).
ALPI è un array di molti di questi moduli e lo scopo è di portare l’energia degli ioni uscenti a 1,4 GeV.
ALPI riceve il fascio da TANDEM, lungo la pipe mostrata in questo video in cui si vede la pipe fuoriuscire dal muro provenendo da TANDEM e attraversare lo stabilimento con tre focalizzatori di fascio e immettersi nell’edificio in cemento armato all’interno del quale è costruito ALPI:
ma riceve fascio anche da un altro acceleratore di nome PIAVE (hanno scelto tutti nomi nostrani, ma l’acronimo è Positive Ion Accelerator for VEry low velocity ions).
Tuning di ALPI
L’ing. Canella ha sottolineato il fatto che questa macchina è molto complessa da mettere in funzione. Le operazioni di fine tuning iniziali sono lunghe e laboriose e necessitano di un know how eccezionale. Accendere ALPI può richedere due settimane di lavoro, uno dei task più lunghi è proprio la sintonizzazione delle cavità risonanti: si parte con una cavità alla volta e si deve raggiungere un accordo ottimale di tutta la catena per massimizzare l’energia finale del fascio di ioni. Il pieno funzionamento viene supervisionato in remoto dalle sale di controllo tramite una complessa rerte di dispositivi di acquisizione e attuatori e la rete informatica che consente il controllo.
Il software viene sviluppato in parte all’interno dei laboratori, ma molta parte è già disponibile dai fornitori dell’hardware di controllo.
Sicurezza degli impianti
Quando le macchine sono in funzione la radioattività è a livello di attenzione e tutti gli operatori devono trovarsi all’esterno della fascia di sicurezza (i muri perimetrali in cemento armato dei locali che ospitano le macchine sono spessi quasi due metri). La messa in funzione delle macchine segue un dettagliato e rigoroso piano di sicurezza che si avvale di procedure di ronda atte a verificare che tutto il personale sia fuori dall’area operativa e di attuatori e sensori che assicurano che i cancelli siano chiusi e il personale fuori dall’area interressata da radiazioni prima dell’accensione.
Impiego degli acceleratori
Gli acceleratori del progetto SPES vengono impiegati in campi di spettro veramente amplissimo, ne cito solo alcuni:
- raccolta di radionuclidi per imaging diagnostico (PET) e terapia oncologica
- generazione di neutroni per impieghi di ingegneria dei materiali
- investigazioni sulla fisica dei materiali
- studi sui modelli di evoluzione stellare.
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