Un altro Nobel per la Fisica per lavori sull’ottica e gli impulsi ad attosecondo

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Agostini, Krausz, L'Huillier insigniti del premio Nobel per la Fisica 2023
Fig. 1 – Agostini, Krausz, L’Hullier insigniti del premio Nobel per la Fisica 2023

L’Ottica sembra diventata la regina delle discipline all’interno della Fisica: già nel 2022 erano stati premiati con Nobel tre fisici (Aspect, Clauser e Zeilinger) per i lavori sui fotoni e il loro contributo allo sviluppo dell’Informazione Quantistica: la produzione di fotoni entangled viene fatta con i laser. Quest’anno si parla sempre di laser da un punto di vista più “meccanico”, per così dire: sono stati premiati Pierre Agostini (Ohio State University, Columbus, USA), Ferenc Krauss (Max Planck Institute of Quantum Optics, Garching, Germany; Ludwig-Maximilians-Universität München, Munich, Germany) e Anne l’Hullier (Lund University, Lund, Sweden) per i loro lavori sulla produzione di impulsi laser ultrabrevi.

Quello di cui voglio parlarvi qui non è esattamente il premio Nobel per la Fisica 2023 ma qualcosa che ha a che vedere con questo premio. La maggior parte delle informazioni che uso in questo articolo le ho scritte in una tesina per il corso di Quantum Information che ho seguito nell’ambito del dottorato di Ricerca in Ingegneria delle Telecomuncazioni tenuto nell’A.A. 2015-2015 dai proff. Paolo Villoresi e Giuseppe Vallone.

Poi concluderò con un cenno all’argomendo degli impulsi ultrabrevi ad attosecondo che sono l’oggetto del premio Nobel 2023 per la Fisica.

La motivazione per esteso del premio ai tre fisici che è stata data dalla Reale Accademia delle Scienze di Svezia è la seguente:

For experimental methods that generate attosecond pulses of light for the study of electron dynamics in matter

Dunque il premio è per l’invenzione di metodi sperimentali che generano impulsi di luce di durata dell’ordine dell’attosecondo e poi è citato l’impiego di questa tecnica: quella di osservare la dinamica degli elettroni nella materia.

Ora, la traiettoria vera e propria degli elettroni intesa come descrizione della curva nello spazio delle fasi (posizione, quantità di moto o impulso) non la possiamo vedere: in quanto particelle quantistiche, le loro variabili dinamiche come posizione e impulso (dette variabili coniugate) non possono essere note simultanemente con precisione arbitraria per il noto principio di indeterminazione di Heisenberg: il prodotto delle incertezze delle loro misure è maggiore o uguale ad una quantità piccola:

\Delta p \Delta x \geq \frac{\hbar}{2}

dove \Delta p è l’incertezza sulla misura dell’impulso (che è proporzionale alla velocità) e \Delta x è l’incertezza sulla posizione. \hbar (“acca tagliato”) è la costante di Dirac, un numero piccolissimo, ed è pari alla costante di Planck h – che vedremo dopo – divisa per 2 \pi. Per questo la constante di Dirac è detta anche costante di Planck ridotta. La relazione è di proporzionalità inversa, per cui se ho una piccola incertezza sulla posizione ho grande incertezza sulla velocità e viceversa.

Però possiamo conoscere con precisione una delle due variabili e la tecnica degli impulsi ultrabrevi ci aiuta in questo.

Quello che volevo raccontare in questo articolo è il modo che ho imparato per produrre impulsi ultrabrevi: si potrebbe pensare di realizzare un impulso ultra breve interrompendo il raggio laser con un otturatore meccanico o elettronico, del tipo utilizzato nelle fotocamere digitali o negli smartphone.

Nulla di tutto questo.

La risoluzione temporale con otturatori elettronici arriva al massimo all’ordine del microsecondo (1 \mu s = 10^{-6} s = 0,000001 s = 1 milionesimo di secondo). Quelli meccanici arrivano a malapena al millesimo di secondo.

Io ho visto funzionare sistemi di produzione di impulsi dell’ordine del femtosecondo; il Nobel è stato vinto per una tecnica che ha permesso di abbassare di ulteriori tre ordini di grandezza la durata di questi impulsi e raggiungere gli attosecondi.

Quest’anno è stato molto divertente vedere testate giornalistiche attribuire il premio agli scienziati per la scoperta o l’invenzione dell’attosecondo. L’attosecondo è solo un sottomultiplo del secondo, non è un’invenzione. Il premio è invece per lo sviluppo della tecnica che consente di produrre impulsi della durata degli attosecondi. Quindi prima di inoltrarci nel terreno della tecnica degli impulsi ultrabrevi rivediamo questa nomenclatura.

La durata degli impulsi: i nomi degli ordini di grandezza.

Fermiamoci un attimo a rivedere questi prefissi standard definiti nel Sistema Internazionale di Misura ISO per indicare le frazioni dell’unità.

sottomultipliprefissosimbolopotenzamultipliprefissosimbolopotenza
millesimomillim10^{-3}migliaiakilok10^3
milionesimomicro\mu10^{-6}milioniMegaM10^6
miliardesimonanon10^{-9}miliardiGigaG10^9
millesimo di miliardesimopicop10^{-12}migliaia di miliardiTeraT10^{12}
milionesimo di miliardesimofemtof10^{-15}milioni di miliardiPetaP10^{15}
miliardesimo di miliardesimoattoa10^{-18}miliardi di miliardiExaE10^{18}
Tabella dei multipli, e sottomultipli dell’unità, con potenza di dieci, prefisso e simbolo.

Ne esisterebbero altri quattro (due per i multipli , Zetta e Yotta, e due per i sottomultipli, zepto e yocto, (parliamo sempre di multipli di potenze di 10^{\pm 3}) ma sono così esotici che tralascio.

Scorrendo la tabella, ci rendiamo conto che gli ordini di grandezza più in basso sono molto al di fuori del nostro senso comune. A immaginare un chilometro, un Gigabyte o un microsecondo forse ci arriviamo. Gli altri prefissi descrivono invece quantità troppo grandi o troppo piccole, che probabilmente sfuggono alla nostra immaginazione.

Ma una proporzione può esserci d’aiuto.

Il numero di femtosecondi in un secondo è 10^{15}. Ci sono perciò più femtosecondi in un secondo, che giorni solari in tutta la storia dell’universo dal Big Bang a oggi (l’età dell’Universo in giorni è pari a circa 12 \times 10^{12} mentre un secondo contiene 10^{15} femtosecondi).

D’altra parte, il numero di attosecondi contenuti in un secondo è 10^{18}. Ci sono più attosecondi in un secondo, che secondi in tutta l’età dell’Universo (che sono circa 4 \times 10^{17}).

Come vengono prodotti impulsi dell’ordine del femtosecondo

L’argomento è la durata estremamente breve di questi impulsi. La capacità di generare impulsi laser così brevi è fondamentale per molte applicazioni scientifiche e tecnologiche avanzate.

Questi impulsi laser sono così corti che possono essere utilizzati per esplorare e studiare eventi molto veloci o su scale piccolissime. Ad esempio, vengono usati per studiare cosa succede quando le particelle microscopiche si muovono o interagiscono tra loro.

Gli impulsi laser ultrabrevi sono brevissimi flash di luce concentrata. Per capire meglio, immaginate una torcia elettrica che emette un lampo di luce molto breve, tanto breve che dura solo una frazione di secondo. Gli impulsi laser ultrabrevi sono simili, ma la loro luce è estremamente concentrata e dura solo per un tempo infinitesimale.

Una delle tecniche usata per produrre impulsi al femtosecondo l’ho studiata con il prof. Paolo Villoresi nel 2015 ai Laboratori LUXOR dell’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie (IFN) del CNR di via Trasea a Padova, e si chiama mode locking. È utile prima una introduzione a questi argomenti.

Laser

Il laser è una speciale lampada in cui una sorgente convenzionale (una lampada normale) è racchiusa in una cavità tra due specchi parabolici (cavità di Fabry-Perot).

Cavità di Fabry Perot con mezzo attivo e sistema di pompa
Fig. 2 – Cavità di Fabry-Perot con mezzo attivo e sistema di pompa

Le varie frequenze contenute nella luce prodotta dalla lampada si riflettono avanti e indietro sugli specchi, ma solo le lunghezze d’onda che sono sottomultiple della lunghezza della cavità sopravvivono costituendo onde stazionarie: è lo stesso principio di funzionamento delle corde di una chitarra: si impone solo un’onda stazionaria tra ponticello e capotasto – o il dito del chitarrista – più i suoi sottomultpli – le armoniche).

Onde stazionarie sulle corde producono il suono della chitarra (ref: https://mathone.it)
Fig. 3 – Onde stazionarie sulle corde producono il suono della chitarra (ref: https://mathone.it)

Poi c’è un componente fondamentale che distingue un laser da una semplice cavità risonante: quest’onda stazionaria investe uno spessore di materiale attivo – che può essere solido, liquido o gas – posto al centro della cavità, un materiale che amplifica in un modo molto selettivo – che vedremo – una determinata gamma di frequenze e smorza tutte le altre, per cui i modi – le frequenze – che sopravvivono sono molto pochi ma vengono amplificati tantissimo. A seconda del materiale attivo abbiamo vari tipi di colori:

  • laser a rubino, che emette sui 694.3 nm (rosso)
  • laser Nd:YAG (una miscela contenente l’1% di Neodimio e Granato di Ittrio e Alluminio): emette due armoniche, rispettivamente 1064 nm (infrarosso), 532 nm (verde)
  • laser a eccimeri, 157 nm (ultravioletto)

ma ce ne sono moltissimi altri. Per esempio nei lettori di compact disc i laser sono realizzati con un diodo a semiconduttore.

Aggiungo anche che i laser possono essere realizzati in un’amplissima gamma di potenze, dal diodo laser che spara impulsi dentro ad una fibra ottica ai laser per tagliare le lamiere.

Amplificatori di luce

Vediamo ora il principio secondo cui viene amplificata la luce.

Il modello atomico che possiamo prendere come riferimento è l’atomo di Bohr (quello di Bohr è oramai un vecchio modello superato dal modello a orbitali ma per quello di cui parliamo qui funziona benissimo lo stesso), un modello con

  • un nucleo centrale – che non entra nel gioco
  • ed elettroni – questi invece sono i protagonisti – disposti in orbite circolari ad energia quantizzata. Cioè gli elettroni non possono stare dove vogliono ma devono occupare stati con numeri quantici ben definiti, il principale dei quali è l’energia che non può avere un valore qualsiasi ma può assumere solo valori discreti. Il numero quantico dell’energia determina il raggio dell’orbita.

I fotoni che compongono la luce vengono prodotti dal “rilassamento” degli elettroni all’interno dell’atomo: quando passano da uno stato ad energia superiore ad uno di energia inferiore (in questo senso è da intendere il relax), riasciano un quanto di luce di frequenza proporzionale alla differenza di energia dei due livelli.

\nu = \frac{E_{sup} - E_{inf}}{h}

Il coefficiente di proporzionalità è detto costante di Planck e vale circa 6,63 \times 10^{-34} J \cdot s.

Questo fenomeno si chiama emissione. Se avviene in modo naturale si dice emissione spontanea.

Al contrario, l’assorbimento di un quanto di luce fa saltare l’elettrone da un orbitale meno energetico ad uno più energetico.

Il laser sfrutta questo meccanismo di assorbimento (durante la fase di pompa) ed emissione e lo realizza in modo continuo.

Il mezzo attivo aggiunge alla radiazione di pompa, con i suoi atomi, radiazione della stessa frequenza e fase dell’onda di pompa attraverso l’emissione stimolata di radiazione, grazie a elettroni che in una prima fase vengono pompati (si dice propri così nel gergo) a livelli energetici superiori assorbendo l’energia della lampada (che in questo contesto viene chiamata pompa) e poi ricadono nel loro livello energetico fondamentale, emettendo fotoni dello stesso colore (frequenza) e della stessa fase. Questo fenomeno dell’emissione stimolata della radiazione è stato studiato da Albert Einstein (eh sì, si è occupato di un sacco di cose oltre alla Relatività) che ha scritto le equazioni che si usano tutt’ora per progettare i laser: si tratta di quella che oggi viene chiamata teoria semiclassica dell’assorbimento della radiazione che formulò nel suo articolo del 1917 intitolato “Zur Quantentheorie der Strahlung” (Sulla teoria quantistica della radiazione), noto anche come “On the Quantum Theory of Radiation”.

LASER è l’acronimo per Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation.

Da queste caratteristiche proviene il fatto che il laser è una sorgente praticamente quasi monocromatica e quasi rettilinea (nel senso che il fascio non si allarga come avviene con i fanali dell’automobile e rimane pressoché rettilineo; in realtà è un fascio la cui divergenza si può controllare molto bene ed è detto fascio gaussiano). E il meccanismo di emissione stimolata di radiazione luminosa del mezzo attivo fa sì che le onde siano anche in fase per cui il laser si dice costituire una sorgente di radiazione coerente: i fotoni vengono emessi in fase come un’orchestra d’archi in cui gli archetti si muovono su e giù tutti insieme.

Tra gli effetti che caratterizzano una sorgente coerente rispetto alla luce di una lampadina o di un normale LED, citiamo la brillanza (il fatto che anche se molto sottile il fascio ha una grande intensità) e il rumore di puntinatura (speckle noise) che è quel riflesso di piccolissimi puntini brillanti dovuti all’interferenza di onde coerenti che raggiungono i nostri occhi quando un fascio laser colpisce un corpo come un muro o i granelli di polvere nell’aria.

Speckle Noise o rumore di puntinatura
Fig. 4: Speckle Noise o rumore di puntinatura

Tecnica del mode locking e impulsi di durata dei femtosecondi

Gli impulsi si ottengono facendo funzionare il laser in modo intermittente. Questa tecnica consente la produzione di treni di impulsi ultrabrevi, cioè della durata dell’ordine del pico o del femtosecondo. Durate cosı̀ brevi sono molto al di là delle possibilità dell’elettronica convenzionale per produrre commutazioni del guadagno o delle perdite nella cavità, che sono altre due tra le tecniche per ottenere laser impulsati.

Un laser normalmente oscilla su diversi modi longitudinali le cui frequenze sono separate da
una spaziatura tipica del risuonatore di Fabry-Perot:

\nu_F = \frac{1}{T_F} = \frac{c}{2d}

d essendo la distanza tra gli specchi del risuonatore, T_F il periodo di attraversamento della luce della distanza complessiva avanti e indietro della cavità, quindi 2d.

Pensate che questo è esattamente il modo con il quale si determina anche la frequenza a cui oscilla una corda di chitarra: più corta la corda, più alto il suono (nel senso della frequenza, non del volume).

Questi modi di solito oscillano indipendentemente, ma per mezzo di un intervento esterno è possibile introdurre un accoppiamento, agganciando le fasi dei singoli modi.

In generale la sovrapposizione di N modi di frequenza multipla della frequenza centrale ν0 :

\nu_q = \nu_0 + q \nu_F \;\;\;(1)

(con q numero intero: non usiamo i soliti indici i, j, h, k perché sono simboli che in questo contesto hanno tutti un significato particolare) dà origine ad un campo:

U(z,t) = \sum_{q=1}^N A_q e^{i 2\pi \nu_q (t-z/c)}

dove i fattori A_q sono dei numeri complessi che caratterizzano il modulo e la fase di ogni modo, z è l’ascissa misurata lungo l’asse della cavità risonante.

Il modulo |A_q| è funzione della curva di guadagno del mezzo e delle perdite, mentre la fase
arg A_q è casuale, a meno che non interveniamo per agganciare queste fasi tra di loro

Supponendo che i moduli dei modi siano tutti uguali e in fase, si ottiene, usando la (1) e raccogliendo l’esponenziale con \nu_0 :

U(z,t) = \mathcal{A}(t -z/c) e^{i 2\pi \nu_0 (t-z/c)}

dove

\mathcal{A}(t) = \sum_{q=1}^N A_q e^{i q2\pi t/T_F}\;\;\;(2)

Se prendiamo tutti gli Aq = A ∈ R, la (2) è una somma parziale di una serie geometrica per cui (vi risparmio i passaggi):

\mathcal{A}(t) = A \frac{\sin N\pi t/T_F}{\sin \pi t/T_F}

e quindi l’intensità del fascio laser è data da:

I(z, t) = |A|^2 \frac{\sin^2 N\pi t/T_F}{\sin^2 \pi t/T_F}

L’intensità è rappresentata, in funzione del tempo, nella fig. 2 in cui si vede il treno di impulsi e anche quanto essi possano essere resi brevi. Questa durata nei laser reali può arrivare anche a 10 fs. La spaziatura temporale tra gli impulsi è T_F = 2d/c mentre la durata di un impulso è pari a T_F/N. Quindi agganciando un gran numero di modi (N → ∞) si può rendere questa durata dell’impulso molto piccola.

Treno d’impulsi risultanti dalla sovrapposizione di modi con fase agganciata
Fig. 5 – Treno d’impulsi risultanti dalla sovrapposizione di modi con fase agganciata (elaborazione mia)

Quando ho studiato queste cose, la necessità di produrre impulsi ultrabrevi e molto intensi era quella di scatenare un fenomeno che si chiama Spontaneous Parametric Down-Conversion (SPDC) che consiste nel creare in un cristallo un’onda secondaria in aggiunta a quella incidente sfruttando la non linearità del cristallo, che corrisponde alla creazione di due fotoni entangled che servono per gli esperimenti di misura della violazione della diseguaglianza di Bell. Per questo esperimento erano necessari tre laser in cascata:

  • un laser a semiconduttore che emette sulla lunghezza d’onda di 808 nm (viola), il quale pompa
  • un laser a neodimio Nd-YAG (a 4 livelli) che emette sulla lunghezza d’onda 1064 nm, del
    quale si seleziona la seconda armonica (532 nm), con la quale si pompa
  • un laser Titanio-zaffiro Ti3+:Al2O3 che viene fatto funzionare in mode locking nuovamente
    sulla lunghezza d’onda di 808 nm

e solo con la potenza raggiunta dal terzo stadio si poteva generare il fenomeno dell’SPDC nella lamina di cristallo birifrangente (ad esempio un cristallo di calcite come quello di Figura 6).

Un cristallo birifrangente di calcite
Un cristallo birifrangente di calcite (Wikimedia commons: APN MJM)

I laser a femtosecondo trovano oggi grande impiego in chirurgia oftalmica grazie alla loro versatilità e controllo di precisione sulla dimensione dello spot (il diametro del fascio che colpisce il tessuto) e sulla quantità di energia (che è il prodotto della potenza per il tempo) necessaria per colpire i tessuti. È il bisturi più preciso mai realizzato e può operare sulla retina senza la necessità di aprire il bulbo oculare.

Sempre più difficile: generare impulsi di durata dell’attosecondo

La generazione di impulsi così brevi è realizzata unendo due tecniche:

  • la generazione di armoniche di ordine elevato (HHG, High Harmonics Generation) e
  • l’aggancio di fase già visto (mode locking).

In questa tecnologia viene costruito un laser con un mezzo attivo gassoso in cui la lampada di pompa è un altro laser che in questo caso produce treni di impulsi a femtosecondo: l’interazione di questi impulsi giganti con il mezzo attivo provoca la generazione di armoniche di ordine elevato, i cui ordini più alti vanno da decine a mille volte la frequenza centrale. La larghezza di questa banda – così ampia – è il trucco per poter generare impulsi brevi, per un teorema di Analisi Matematica che dimostra che più breve è un impulso, più è ampia la banda di frequenze del suo spettro (matematicamente, della sua trasformata di Fourier).

Ma come è generato questo impulso elementare? Ogni singolo impulso è generato dagli elettroni che una volta espulsi dall’atomo grazie al laser di pompa, vengono ricatturati dagli atomi del mezzo attivo. Essendo questo salto di energia (dallo stato libero allo stato legato) particolarmente grande, i fotoni emessi alla ricattura hanno una frequenza molto alta, dell’ordine dei raggi X (quindi molto sopra i laser a ultravioletti che abbiamo visto).

Questi impulsi (burst) ad attosecondi vengono quindi agganciati in fase in una regione spettrale sufficientemente ampia. Questo consente di ottenere impulsi giganti di durata dell’attosecondo.

Ci sono altri modi di ottenere impulsi dell’ordine dell’attosecondo diversi dalla tecnica HHG e un esempio è l’impiego di laser a elettroni liberi.

Come si può vedere queste invenzioni presuppongono una sempre più profonda conoscenza del modo in cui la materia si comporta.

Come vengono usati gli impulsi ad attosecondo?

Con un calcolo neanche troppo complicato si può calcolare che il tempo di transizione di un elettrone tra uno stato fondamentale ad uno stato eccitato è dell’ordine degli attosecondi. Quindi generatori di impulsi di attosecondi si prestano ad osservare con un risoluzione temporale senza precedenti le evoluzioni degli elettroni, sia durante una transizione energetica in un atomo, come detto, ma anche in situazioni più generali, come il ruolo del movimento elettronico negli stati eccitati molecolari (ad esempio nei processi di trasferimento di carica) oppure ancora il comportamento degli stati elettronici legati (detti eccitoni) nei materiali 2D come il grafene.

Ad esempio questo video è la ricostruzione 3D del “respiro” dell’atomo di idrogeno al rallentatore, un processo in cui lo stato dell’atomo oscilla tra l’orbitale 1s e l’orbitale 2p che dura qualche centinaio di attosecondi, reso possibile dagli snapshot presi con la tecnica degli impulsi ultrabrevi.

(Source: Wikimedia Commons)

Bibliografia

  • B.E.A. Saleh, M.C. Teich, Fundamentals of Photonics, Second Edition 2007 Wiley Interscience.
  • V V Strelkov, V T Platonenko, A F Sterzhantov and M Yu Ryabikin, Attosecond electromagnetic pulses: generation, measurement, and application. Generation of high-order harmonics of an intense laser field for attosecond pulse production (2016) IOP Science.
  • G. Chui, A Potential New and Easy Way to Make Attosecond Laser Pulses: Focus a Laser on Ordinary Glass, (2017) SLAC National Accelerator Laboratory
  • Tesina del corso di Quantum Information

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